L'attività subacquea è uno sport molto sicuro e infatti le più recenti statistiche le attribuiscono il rischio di un incidente ogni 15.000 immersioni; addirittura di uno ogni 20.000 immersioni se si considerano solo quelle effettuate entro i 30 metri di profondità in curva di sicurezza. Più o meno le stesse percentuali di rischio collegate al gioco del bowling! Fatta questa premessa, bisogna però tenere presente che nessuna tabella e nessun computer subacqueo, pur garantendo margini di sicurezza estremamente ampi, rende totalmente esenti dall'eventualità d'incorrere in un incidente da decompressione (definizione con cui si intende sia quella che viene comunemente definita
malattia da decompressione o Mdd, sia l'
embolia gassosa arteriosa conseguente a una sovradistensione polmonare).
È quindi necessario, se si vogliono portare ai minimi termini le probabilità di episodi spiacevoli, ridurre il più possibile la produzione di bolle durante la decompressione, attenendosi scrupolosamente alle procedure dettate dagli strumenti che si decide di usare. Facendo particolare attenzione alla velocità di risalita, che ha un ruolo fondamentale per la sicurezza dell'immersione, ma che eppure è causa di qualche perplessità tra i sub per i diversi limiti che le vengono attribuiti. È classico il caso delle tabelle U.S. Navy, calcolate per una risalita a 18 m/min, ma per le quali varie organizzazioni didattiche insegnano a non superare i 10 m/min. Storicamente, il fisiologo scozzese
John Scott Haldane, che calcolò le tabelle di decompressione per la marina britannica nel 1908 e le tabelle U.S. Navy nel 1915, aveva prescritto per i palombari una velocità di risalita di circa 7 metri al minuto.
Questo perché era quasi impossibile riportare in superficie un palombaro completamente equipaggiato con una velocità maggiore. Durante la seconda guerra mondiale, i sommozzatori della U.S. Navy risalivano con una velocità di circa 30 metri al minuto, anche in questo caso per motivi legati alla situazione bellica. Successivamente, la U.S. Navy standardizzò la velocità di 18 metri al minuto: quindi questo valore fu stabilito come i precedenti in base a ragioni pratiche e non fu il risultato di accurate ricerche e sperimentazioni. Queste sono invece state effettuate più recentemente dallo svizzero
Albert Bühlmann ed hanno portato a raccomandare una velocità di 10 metri al minuto, essendo notevolmente più sicura. Difatti si è riscontrato che le forme neurologiche di Mdd sono più probabili a seguito di risalite rapide, specialmente dopo immersioni profonde.
L'aspetto medico
Inoltre, durante una risalita lenta il sangue ed in particolare i tessuti nervosi, come il cervello e il midollo spinale, riescono a liberarsi meglio dall'azoto. Si evitano tra i diversi tipi di tessuti confinanti eccessive differenze di pressione, che facilitano la formazione delle bolle e mettono a dura prova le formule matematiche su cui sono basate tabelle e computer. Il risultato è che
si riduce la probabilità che si formino bolle gassose e che penetrino all'interno del tessuto nervoso. Non meno importante è la considerazione che l'addestramento a una risalita lenta riduce nei subacquei meno esperti la probabilità che insorga una sovradistensione polmonare con le sue conseguenze (barotrauma polmonare, pneumotorace, Ega).
Anche negli Usa, dove la velocità di risalita di 18 m/min è un'abitudine, attualmente si raccomanda ai sub di avvicinarsi alla superficie più lentamente. L'Accademia Americana di Scienze Subacquee ha suggerito di attenersi ai 12 metri al minuto dalla profondità di 18 metri fino alla superficie. Nel 1989
Lang e Egstrom, nell'ambito di un seminario sulla Biomeccanica della Risalita Sicura, hanno raccomandato una velocità compresa tra i 18 ed i 6 m/min a seconda della profondità, segnalando che la tecnica di questo tipo di risalita differenziata non è semplice da apprendere e bisogna costantemente allenarsi. Tornando alle U.S. Navy, è stato obiettato che nelle immersioni fuori curva di sicurezza non è corretto risalire a 10 metri al minuto e poi limitarsi a rispettare le tappe di decompressione previste in base ad una velocità di 18 m/min. Il pericolo sarebbe un maggior assorbimento di azoto nei tessuti a lenta saturazione. In realtà, numerose simulazioni computerizzate dell'assorbimento e della desaturazione tissutale (eliminazione) dell'azoto, hanno chiaramente dimostrato che il rallentamento della velocità ha effetti minimi sull'ulteriore assorbimento di N2 da parte dei tessuti durante la risalita stessa.
Comunque, per tenere conto anche di queste osservazioni, il comportamento migliore prevede che, per il ritorno da immersioni a profondità superiori ai 30 metri, sia meglio tenere una velocità di 18 metri al minuto fino al raggiungimento della quota dei 30 metri, per poi proseguire a 10 metri al minuto fino alla superficie. Ciò proprio allo scopo di prevenire che i tessuti lenti assorbano eccessivamente ed inutilmente azoto durante le prime fasi della risalita.
I computer
Anche i software di vari computer subacquei hanno adottato velocità differenziate e decrescenti man mano che ci si avvicina alla superficie. Alcuni dei più recenti programmi prevedono una risalita compresa tra i 20 metri al minuto per le profondità maggiori e i 7 m/min, in prossimità della superficie. Superando i limiti previsti di momento in momento, si attiva un allarme e il computer indica in percentuale l'errore, dando la concreta possibilità non solo di sapere che è necessario correggere la velocità, ma anche di quanto. È facile dire che bisogna risalire, ad esempio, a 10 metri al minuto, non è invece facile rispettare la raccomandazione. L'uso del giubbetto equilibratore, necessario ai fini della sicurezza, non rende più semplici le cose. In anni passati i primi gav complicavano di poco la gestione corretta della velocità, perché la loro spinta di galleggiamento raramente superava i 7-8 chilogrammi.
Progressivamente si è passati ai funzionali jacket, capaci però a volte di una spinta positiva che può potenzialmente determinare una velocità molto superiore ai limiti di sicurezza. Sempre
Egstrom, presso il Laboratorio di Cinetica Subacquea (Ucla), ha valutato l'effetto sulla velocità di risalita di un equilibratore idrostatico gonfiato al massimo, indossato da un subacqueo completamente attrezzato per un'immersione con Ara e correttamente zavorrato. Comunque, nei giubbotti di recente concezione si è tentato di ridurre i rischi di una pallonata correggendo la distribuzione dell'aria al loro interno, in modo che il subacqueo assuma in fase ascensionale una posizione inclinata anziché verticale. Questa ne rallenta la velocità per il maggiore attrito con l'acqua e rende più facile una rapida capovolta per pinneggiare, se necessario, in contrasto alla spinta positiva.
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La sosta di sicurezza
Un'altra norma recentemente raccomandata ai fini preventivi e precauzionali è l'esecuzione di una sosta di sicurezza. Questa regola vale per lo più per le immersioni in curva di sicurezza, quindi che non prevedono tappe di decompressione. Si consiglia una sosta di 5 minuti a 5 metri di profondità. L'Accademia Americana di Scienze Subacquee, nell'ambito del seminario citato precedentemente, aveva raccomandato che alla fine di qualsiasi immersione, comprese quindi quelle che già prevedono tappe di decompressione, venga eseguita una sosta tra i -10 e i -3 metri (ritenendo ottimale una profondità trai 7 e i 5 metri) per una durata di 3-5 minuti.
La sosta di sicurezza è importante per favorire l'eliminazione dell'azoto e prevenire o minimizzare la crescita delle bolle, calmierando l'effetto della legge di Boyle. Ha inoltre lo scopo di permettere un buon controllo della velocità regolando il gav, di consentire al subacqueo di riorganizzarsi, di sistemare l'attrezzatura, di controllare se ci sono eventuali pericoli in superficie. Andrew Pilmains, medico dell'Aviazione statunitense, ha evidenziato che il rispetto della sosta di principio è utile per ridurre la quantità di bolle rilevabili tramite la strumentazione doppler.
Bisogna precisare che, a dispetto di tale sosta di sicurezza, un incidente da decompressione può sempre incorrere se c'è stata una notevole formazione di bolle per errori di decompressione o per fattori predisponenti. Inoltre, è importante che tale sosta non costituisca un pericolo di per sé: pertanto, se vi è un notevole movimento ondoso che causa eccessive variazioni di profondità, è meglio evitare di effettuarla, o al limite fermarsi a 6-7 metri invece dei 5 consigliati. Infine è importante ricordare che, avendo effettuato una sosta di sicurezza, se poi si deve calcolare con le tabelle un'eventuale immersione ripetitiva bisogna fare riferimento al tempo totale della prima immersione (compresa la sosta) e non solo al tempo trascorso sul fondo. Se invece si utilizza un computer, questo tiene sempre conto del tempo totale d'immersione.
Cosa fare nell'improbabile e malaugurata ipotesi che vada in tilt la strumentazione per il controllo della velocità di risalita (computer, profondimetri)? Jahn Lippman ha calcolato che la vecchia norma di risalire "una mano sopra l'altra" lungo una cima verticale, o meglio obliqua e comunque ben tesa, consente di mantenere una giusta velocità. È invece un grosso errore risalire mantenendosi al di sotto delle bolle espirate, perché la loro velocità supera i 18 metri al minuto. Difatti la velocità di ascesa delle bolle aumenta quando si espandono. Per completezza di informazione, va segnalato che in ambito subacqueo professionale la velocità di risalita ha un'importanza determinante in fase di decompressione a seguito di saturazioni con uso di miscela trimix (azoto, ossigeno, elio). Nelle tabelle in uso è prevista una velocità di 1,8 metri ad ora da qualsiasi profondità massima raggiunta fino ai -60 metri, di 1,5 m/ora fino ai 30 metri, di 1,2 m/ora fino ai 15 metri e di 0,9 m/ora fino alla superficie. La decompressione avviene a secco in ambiente iperbarico e può durare diversi giorni.