Costruito dai Cantieri Pattison di Napoli nel 1925, con le sue 1480 tonnellate di dislocamento e la sua imponente potenza di fuoco (3 cannoni da 120 mm, 2 mitragliere da 40 mm, 4 lanciasiluri da 533, 40 mine), il cacciatorpediniere
Quintino Sella della Regia Marina rappresentava quella che si poteva definire una veloce (35 nodi) e completa macchina da guerra. Alla notizia dell'armistizio dell'8 settembre 1943 il comandante decide, per evitare di consegnare la nave in mano tedesca, di prendere il largo dal porto di Venezia, con l'imbarcazione carica, oltre che del proprio equipaggio (125 marinai), anche di un numero imprecisato di altri militi. Il cacciatorpediniere fa rotta quindi verso sud, in direzione Brindisi. A circa 11 miglia al largo dal Lido di Venezia, il Quintino Sella viene centrato da due siluri di una motosilurante tedesca. Lo scafo si spezza in due tronconi e in pochi minuti affonda con tutto il suo carico. Delle diverse centinaia di soldati imbarcati, soltanto 93 furono i superstiti.
Oggi il relitto giace su un fondale di sabbia a 25 metri di profondità. Fatto riesplodere qualche decina di anni fa, perché lo scafo rappresentava ancora qualche pericolo per la navigazione, il Quintino Sella si presenta in due distinti tronconi: il pezzo di prua e il corpo centrale. Quest'ultima devastazione ha ulteriormente danneggiato la struttura del relitto e parecchie lamiere contorte sono di impedimento a una visione più accurata. Nello spezzone di prua rimangono ancora ben visibile il cannone, la catena e l'ancora, mentre nella parte centrale, le caldaie e gli scambiatori di calore lasciano spazio a un intrico di lamiere, cavi, reti da pesca. Ma ciò che rimane affascinante è la particolare concentrazione di vita marina che le acque di questo tratto di mare hanno alimentato.
La torpediniera italiana 5PN veniva colpita il mattino del 26 Giugno 1915 da un sommergibile austriaco a circa 9 miglia dal faro di Piave Vecchia. Durante l’affondamento, il comandante Spano ordinò di far sparare alcuni colpi di cannone nella presunta direzione del sommergibile al fine di scongiurare il pericolo del lancio di un secondo siluro e con l’intento di richiamare l’attenzione di altre navi che eventualmente fossero in zona. Ordinò poi all’equipaggio di tenersi pronto a fronteggiare l’eventuale attacco in superficie del sommergibile, ma non ce ne fu bisogno. La nave con una grossa falla a prua, ormai affondava.
Alle 11:20, 40 minuti dopo l’impatto con il siluro, il comandante Spano dava l’ordine di abbandonare la nave. La torpediniera affondò verticalmente.
Il mare ora ha corroso i metalli più deboli, le reti a strascico hanno spezzato le deboli strutture esterne e i subacquei più assatanati hanno asportato i reperti più piccoli, aiutati anche dalla bassa profondità. Sopra i rottami del relitto svettano ancora le due belle caldaie, colorate di rosso da spugne incrostanti. Un po' alla volta, date le modeste dimensioni della nave, la sabbia lo sta ricoprendo, com'è giusto che sia per il riposo di un combattente. La si percorre in lungo e in largo varie volte, alla ricerca di capire dove sia la prua e dove la poppa. Corvine, saraghi, merluzzetti e un grosso grongo da... 200mm. di diametro sono gli ultimi abitatori della nave. Immergendoci ora a visitare il relitto non possiamo fare a meno di ammirare il sangue freddo e la calma dimostrata dall'equipaggio della 5PN nell'eseguire gli ordini, nonostante l’affondamento imminente.